domenica 1 ottobre 2017

We're back! A bookish relationship.

Hello, folks! 
Vi sono mancata? Perché voi mi siete mancati tantissimo e anche questo blog!
Oggi, in questa giornata magnificamente piovosa che apre le porte a ottobre e all’autunno, mi sono messa comoda e ho preso una bella tazza di caffè. 



Finalmente questo giorno è arrivato! L’idea di riattivare il blog, mi è venuta questa estate, dopo aver finito di studiare per la maturità, nel tempo libero tra un test di medicina e l’altro. 
Ma, conoscendomi, mi sono detta che non avrei potuto iniziare allora, perché di sicuro sarebbe andata a finire come tutte le altre volte: avrei pubblicato una recensione, poi un’altra, poi una rubrica e poi non avrei avuto tempo di scrivere un’altra recensione e non sarei più andata oltre.

Perciò mi sono imposta una regola: avrei dovuto accumulare almeno 10 recensioni prima di poter iniziare a pubblicare. E alla fine questo giorno è arrivato!


In quest'anno è successo davvero di tutto. Molte cose sono cambiate, molte minacce hanno oscurato l'orizzonte, molte volte sono stata infilzata, ma alla fine altrettante cose sono state superate soddisfacentemente...yay!


E adesso ci sono tantissime cose che voglio fare! Tantissimi progetti e tantissime novità e semplicemente, non sto nella pelle e non vedo l'ora di cominciare!

Ma ora, bando alle ciance! Con oggi, Prongs è tornata, e anche Roba da fangirl, sebbene il blog abbia cambiato nome e volto (come forse già saprete da un po' se mi seguite su Instagram), diventando Paperskin, inkblood !

Oggi vi parlo di un libro che ho rubato dalla libreria di mio nonno e che ho impulsivamente deciso di leggere...

RECENSIONE:


Titolo: Via Gemito
Titolo originale: Via Gemito
Autore: Domenico Starnone
Genere: romanzo 
Data di pubblicazione: 2000
Pagine: 389

Prezzo: 16,53 (edizione in foto)
Trama: Il titolo del libro si riferisce alla strada del Vomero (strada che collega via Cilea e piazza Quattro Giornate) in cui ha vissuto la famiglia del narratore. Federì, il protagonista del romanzo, è un artista, ma è costretto a fare il ferroviere per sopravvivere. Egli sfoga la sua frustrazione su tutti coloro che lo circondano, in particolare sulla moglie e sui figli. La voce narrante è quella del suo primogenito, che ricostruisce la vita del padre, segnata dal rancore e dalla violenza.


COSA NE PENSO:


"Via Gemito" è un libro che non avrei mai scelto fra gli scaffali sovraccarichi di una libreria, mai notato in mezzo alle vivaci fantasie di infinite copertine. Mi è genuinamente capitato fra le mani mentre frugavo nella libreria di mio nonno. 
Scorrevo veloce i titoli con la punta dell’indice, le coste a un palmo dal mio naso, i colori che quasi sbiadivano nella ricerca frenetica ed emozionante.



E poi, eccolo lì. Mi sono fermata e l’ho afferrato. 
La copertina non mi ha colpita, ma anzi, un po’ intimorita. Un burbero faccione dipinto predominava su una base di solido verde foresta, occupante la costa e il retro. Il titolo in giallo, invece, mi ha incuriosita: “via Gemito”. Già sembrava promettere intensità.


I miei polpastrelli si sono fatti quindi invadenti; saggiando ogni centimetro della copertina, lucida ma non rigida; scorrendo sul titolo e il nome dell’autore, percorrendo in un brivido la costa del volume e poi il retro, dove infine hanno condotto il mio sguardo sulla breve trama, bianca sul fondo verdastro. 
Ma ancora non l’ho letta, le mani che fremevano nel percepire lo spessore di pagine e pagine di carta sotto la copertina. 



Perché per me è così: il mio rapporto con i libri non si limita solo e strettamente a quello che in essi è contenuto, ma si estende anche a una relazione fisica. 
I libri mi piacciono anche come oggetti, nella loro materialità, nell’indissolubilità dell’abbraccio in cui la carta avvolge l’inchiostro, nel marchio indelebile che esso le lascia addosso, nel primo colpo d’occhio che, irrazionalmente, ti spinge ad afferrare questo volume invece di quello.




Così ero ancora lì; davanti a me quell’intimidatorio sguardo rude, e lentamente, placidamente, la mia mano si è insinuata al di sotto della copertina, scoprendo la primissima pagina. 
Ho assaporato il tocco ruvido e accogliente della cellulosa. E mi ha raggiunta il profumo idilliaco della carta, che pare arrivare da qualche parte fuori dallo spazio, fuori dal tempo. Un odore pieno di promesse, di possibilità, pieno di storie.
A quel punto, dopo aver fatto scorrere veloce sotto il pollice tutte le pagine, l’ho voltato e ho letto la trama.
Non mi ispirava in modo particolare, eppure seppi che dovevo leggerlo. 
E feci la scelta giusta.



Via Gemito ha il suo punto di forza nella disarmante caratterizzazione di un personaggio irruento e vivacemente tinteggiato, Federico, anzi Federì. La gravosa e affascinante figura ci si presenta dipinta (letteralmente) attraverso gli occhi di Mimì, primogenito che osserva e documenta la vita del padre, tra disgusto e fascinazione, affezione e disprezzo. Federì è un pittore napoletano, le cui vicende si incastonano nella storia dei primi del novecento, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. 



È un uomo consapevole del proprio talento, di cui fa sfoggio senza esitazione con chiunque gli capiti a tiro. Egli ha una tale stima di sé, una tale fiducia nelle proprie capacità da sentirsi sprecato, prima per la sua città, per coloro che frequenta, finanche per la sua famiglia, per sua moglie Rusiné, che patisce più di tutti le conseguenze della sua condizione di “genio incompreso»




Intrappolato in un mondo che non accoglie la sua vocazione come egli vorrebbe, costretto a vestire i panni di ignobile ferroviere, Federì si tramuta in un essere rabbioso e superbo, che pone costantemente sé stesso su un piedistallo di cartapesta, così falsamente saldo, così facile a disfarsi. Ogni insoddisfazione ricade sulle spalle della bella Rusiné, che è stata, a suo parere, incapace di incoraggiare e coltivare il talento del marito come si deve, come sarebbe stato consono per un artista della sua portata. 
Ella quindi diventa la vittima designata di ogni abuso, fisico o verbale. 
Rusiné, a furia di reprimere la propria indole gentile e socievole, scomoda al marito che la vorrebbe sottomessa e desidererebbe essere l'unico a poterne ammirare l'incredibile bellezza, arriva a fiaccarsi nel corpo, a consumarsi nello spirito, fino a un logorante decadimento che la farà ammalare gravemente.




La storia si delinea tra le pagine dal punto di vista contemporaneamente del padre, in cui ogni azione, ogni gesto è giustificato dal senso di uno scopo, un obbiettivo più grande, e del figlio, che lo vede in tutta la sua contraddittorietà, nel misto di superbia e bellezza, abuso e carezza, squallore e arte.



Ed è proprio questo che rende Via Gemito un libro così carico di fascinazione, così interessante da sfogliare, mentre la storia piena di luci e ombre di questo particolarissimo personaggio, prende vita in una Napoli dalle tinte vivide e coinvolgenti, piacevole da scoprire soprattutto per chi fra le parole riconosce luoghi familiari.

Avvalorato inoltre da uno stile gradevole e grammaticalmente impeccabile, soddisfacente per chi, come me, apprezza un linguaggio corretto e ricco.

Concludo riportando la parte finale della trama riportata sul retro, che secondo me racchiude significativamente il senso del romanzo:

“Ne risulta il romanzo di un figlio che vorrebbe dimenticare il padre e suo malgrado lo rende memorabile. Federì infatti si accampa nelle pagine con la sua chiacchiera fluviale, respinge con ostinazione ogni colpa e diventa il protagonista di un percorso artistico avventuroso e commovente, disperato e esemplare.” 

E voi che ne pensate? Avevate mai sentito parlare di questo romanzo?
Commentate!



With a lot of muffins,

Prongs

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