giovedì 19 ottobre 2017

Recensione Mostro e ragazzini di gomma

Ciao, amici elfici! Oggi vi voglio parlare di un libro che ho letto non molto tempo fa. Sono pienissima di cose burocratiche da fare per l'università e nel tempo che rimane cerco di studiare per l'esame della patente! Perciò non ho molto tempo, bando alle ciance e let's jump right into it!



RECENSIONE:


Titolo: Mostro
Titolo originale: Mongster
Autore: Randall Boyll
Genere: horror/avventura
Data di pubblicazione: 1991
Pagine: 311

Prezzo: 22.000 Lire lol (io l'ho comprato usato a 1,50 )
Trama: Wabash Heights è una squallida cittadina dell'indiana dove lo sport preferito degli uomini per bene è tornare a casa ubriachi fradici e picchiare moglie e figli (anche la suocera, se capita). Se poi, come succede al povero Arnold, si ha la sfortuna di avere per patrigno uno degli individui più violenti di tutta la città, le cose possono mettersi davvero male. E infatti, dopo un vivace scambio di opinioni col patrigno, Arnold finisce in ospedale, dove un vecchio moribondo, prima di essere assassinato in maniera atroce, gli svela un segreto. Un segreto che vale qualche milione di dollari. E per Arnold inizia una lunga fuga alla ricerca del tesoro sepolto. Inseguito dal patrigno e da una bizzarra coppia di delinquenti, si troverà alle prese con tremende forze sovrannaturali. Picchiato da tutti, minacciato da uno zombie dal colorito bluastro, non potrà che affidarsi al potere dell'incantesimo capace di riportare invita un'antica, terrificante mummia egiziana... E sperare che l'etereo scudo protettivo dei romanzi di Stephen King sia sempre con lui!



COSA NE PENSO (idee e pensieri sfusi):

Nella mia città c’è una libreria molto particolare, piena di libri vecchi e ormai dimenticati da anni sugli scaffali, sparsi in mezzo a tante cianfrusaglie disordinate, che ormai costano meno di un quarto del prezzo originale (solitamente ancora indicato in lire). Solitamente è una delle mie mete più frequenti, perché mi diverto molto a frugare tra tutta quella varietà, anche se di rado riesco a scovare qualcosa di interessante fra vecchi manuali di cucina o piccoli libretti dai colori sbiaditi. Eppure, di tanto in tanto capita di beccare qualcosa di affascinante. Qualche mese fa mi aggiravo fra gli scaffali del piano superiore, in un anfratto seminascosto e isolato dove è raro incontrare qualcuno e sotto un libro sgualcito di figure di natale da colorare per bambini ho trovato questo romanzo. “Mostro” di Randall Boyle. 
Non so per quale motivo, ma mi ha incuriosita e ho deciso di comprarlo.




Onestamente, non so nemmeno se sia ancora in vendita nelle catene di librerie più moderne. Autore totalmente sconosciuto, ma ho deciso di provare, e forse anche quest’aura di mistero che gli aleggiava intorno mi hanno convinta.
In più, già dalla trama era esplicitato il riferimento a Sthepen King, uno degli autori che apprezzo di più e quindi il mio lato fangirl ha detto “siiiii”.
Così ho iniziato questo stravagante viaggio, a seguito di un curioso personaggio, un po’ tenero, un po’ patetico, in ogni caso molto inverosimile
Perché Arnold White non è solo un ragazzo che si trova nel bel mezzo di una classica avventura un po’ cliché (un tesoro pieno d’oro sepolto sotto una baracca, abbastanza Dora l’esploratrice o Indiana Jones, no?), ma è anche una specie di creatura indistruttibile che dopo essere stato massacrato di botte, con una commozione cerebrale, ematomi plurimi, ossa fracassate, labbra spaccate, rimasto solo con mozziconi di denti, possiede ancora la forza di combattere uno zombie, scavare una buca profonda, disseppellire il tesoro e combattere contro i suoi “nemici”. Tutto molto normale.


Comunque, in linea generale, la storia non è poi così pessima. È solo che manca un po’ di originalità, ecco tutto. È un classico d’avventura un po’ stantio, del tipo che ti aspetti un po’ quello che succederà. Non è una lettura spiacevole, ma di certo non emozionante.

Il riferimento al modello di King è palpabile e predominante, se non addirittura esplicito in alcuni punti. La cosa, se da un lato è apprezzabile (o almeno, io ho apprezzato, essendo una fan di King), dall’altro fa sembrare il tutto un po’ troppo come un’opera-omaggio a King, una sorta di fanfiction scritta bene insomma. 
Il che non è per nulla sbagliato, se si considera che il famoso re dell’horror è citato in questo romanzo più volte di quante Ron Weasley esclami “Bloody hell!” in Harry Potter, e che quindi molto probabilmente l’intento encomiastico dell’autore non è affatto celato. 

Ci troviamo davanti a una storia che è palesemente finzione, non è suggestiva, né intende esserlo. Proprio per questo, il romanzo non mi è piaciuto particolarmente: perché sapeva troppo di finzione, per cui non è riuscito a coinvolgermi e a farmi entrare davvero nel mondo di Arnold White, e per lo stesso motivo, per la stessa mancanza di suggestività, questo horror non fa paura. 
Sì, ci sono ossa rotte e sangue e cervelli spappolati, ma niente di tutto ciò riesce a inquietarti, perché la storia è distante, non ti tocca. È come guardare un film horror senza volume, gli elementi ci sono, ma senza le urla e la musichetta che ti mette ansia, non funziona.




Non fraintendetemi, lungi da me asserire che le storie debbano necessariamente essere realistiche o ambientate nella realtà quotidiana (o umana) per essere valide! Niente di più falso, anzi, io adoro generi come l’horror, il fantasy o la fantascienza. Tuttavia credo che un libro per catturarti davvero debba avere un punto di contatto con la realtà del lettore; può essere il mondo babbano di Harry Potter, che mette in relazione lettore e libro, oppure la cruda verità dei rapporti umani in Game of Thrones, o anche solo il fatto che un tredicenne con le ossa di entrambe le gambe fracassate sarebbe troppo spaventato per riuscire a disseppellire una bara e *fare tutte le cose* (evitiamo spoiler, anche se…) che riesce a fare Arnold come se niente fosse. Cioè o ha ricevuto un’iniezione di adrenalina con il dosaggio di un mammut, o io dubito seriamente che chicchessia con tale scheda medica potrebbe realizzare tutto ciò senza quasi battere ciglio. 



Cioè dov’è l’ansia, la paura, il terrore, la disperazione di un ragazzino abbandonato? E tutto questo per l’oro? Io capisco che anche un ragazzino si renda conto quando la sua famiglia si trova in una situazione economica disperata e disperante, e che possa aver voglia di intervenire, di pensare in qualche modo di salvare la situazione, ma fino a questo punto? Fino ad avere tutte le ossa di gambe e braccia spaccate, i denti rotti, il corpo pieno di ematomi, sordo da un orecchio, con gli occhi gonfi di sangue, una commozione cerebrale, digiuno e insonne da giorni? Io credo che per quanto senso del dovere e forza d’animo possa avere, pur essendo un piccolo Ercole, qualunque ragazzino sarebbe ritornato a casa dalla mamma. Certo, esiste coraggio e temerarietà, ma credo che questo vada ben oltre i limiti fisici di chiunque. 

E comunque tutta la sua condizione sarebbe anche potuta essere passabile, non fosse che tutto va liscio come l’olio, è come se Arnold il dolore lo sentisse appena; l’autore liquida tutto con una frase tipo “si sentì attraversare da una rovente sferzata d’agonia”. E poi niente, si alza e se ne va. E io basita. Se mi spezzassero a mani nude le tibie, credo che rimarrei nel fango agonizzante almeno per un po’.


In ogni caso, una nota positiva l’ho riscontrata nella storia del padre di Arnold, uno scrittore fallito che dopo essere stato rifiutato dalla maggior parte delle case editrice, abbandona la sua famiglia per cercare fortuna altrove. Il rapporto di Arnold con la figura distante di quest’uomo che ammira e di cui sente la mancanza, è davvero molto toccante, ed è forse il fulcro di tutto il coinvolgimento emotivo che ricercavo anche nelle altre parti della storia.

Lo stile è molto semplice, nulla di speciale, ma adatto al tipo di narrazione.
In conclusione, non è un libro che consiglierei, ma se ve lo trovaste (improbabile, ma non si sa mai) fra le mani, allora sappiate che andate incontro a una lettura che ha tutti i cliché di una storia d’avventura, che pecca un po’ di originalità e coinvolgimento, ma che magari può essere il modo per staccare da una storia che invece vi ha particolarmente impegnati a livello emotivo. Essenzialmente  e banalmente scorrevole.


2 su 5


1 su 5

 

3 su 5


Enjoy,
Prongs

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